Secondo film dello scozzese Danny Boyle, TRAINSPOTTING è un film curioso, interessante ed irritante.Curioso, perché film sulla droga senza esserlo veramente. Ispirata dal libro-culto e ovviamente scandalo di Irvine Welsh, questa panoramica sfrenata sulla deriva di quattro giovani drogati nella Edimburgo degli anni 80, è infatti costruita su momenti drammaticamente autentici; ai quali si alternano altri quasi scanzonatamente (ma non proprio incoscientemente) dissacranti. Non che TRAINSPOTTING si tiri veramente indietro, tutt'altro: che si tratti di rappresentare le delizie perverse dei paradisi artificiali, o le conseguenze tragiche che ne conseguono, Danny Boyle non sbarra di certo il proprio obiettivo alla realtà. Anzi, all'iperrealtà: tutta all'opposto di quel realismo sociale che ha reso celebre il cinema del proprio paese, la rappresentazione del film si traduce in una lunga fuga in avanti. Fatta di ritmi sempre più accelerati, di rincorse tragicomiche ad un destino che si vorrebbe non più segnato.
Interessante, TRAINSPOTTING lo è proprio per questo sua facoltà di divagazione: sulle ali della recitazione istintiva ma controllata dei suoi ottimi attori, delle fantasie un po' disordinate di un cinema nutritosi più che dai Kubrick di ARANCIA MECCANICA dagli Scorsese di MEAN STREETS, riesce a raccontarci di Mark che vuol smettere, e dei suoi compagni balordi dei quali s'indovina facilmente il futuro, con una tonicità che spiega il successo enorme del film in patria.
Film sull'amicizia più che sulla droga, TRANSPOTTING è in ultima istanza pure irritante: e proprio per la leggerezza che segna il suo sguardo. Una provocazione di maniera, forse di talento, probabilmente assai di moda: ma che traduce l'impossibilità (di quello sguardo, quindi della mente che vi sta dietro) di partecipare e di affermare. Si torna sempre daccapo: e, visto l'argomento, scusate se è poco.